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Giulio Fiocchi combattente della Grande Guerra

Giulio Fiocchi nasce a Lecco il 23 dicembre 1891, da Giulio, industriale e fondatore nel 1876 della fabbrica di munizioni Fiocchi & C, e da Giuseppina Cantù. Si laurea in legge nel 1917 a Genova. Di famiglia interventista, partecipa alla prima guerra mondiale, combattendo come ufficiale sul Piave, il Podgora, a Nervesa e sul Carso e riportandone tre ferite, una delle quali gli causa una lesione permanente al polmone destro. Decorato con medaglia d'argento al valor militare per il combattimento di Monfalcone (3 luglio 1916), riceve successivamente anche una medaglia di bronzo e una al valor militare. Nel dopoguerra, profondamente deluso dalla realtà socio - politica aderisce nel 1922 al Partito nazionale fascista; non condividendone però le violenze e l'incostituzionalità, restituisce la tessera nel 1926 e, con il passare del tempo, diventa apertamente antifascista. Tra il 1926 e il 1929 è nelle colonie italiane in Eritrea e in Somalia dove intraprende il commercio e l'esportazione delle banane. Tornato in Italia, stabilisce la sua residenza a Lecco e a Milano. Nel 1934 sposa Franca Origoni di Barasso. Nel 1943, la famiglia è costretta a fuggire da Milano per risiedere tra la casa di Clavière (Torino) e il Lecchese, fino a stabilirsi all'Hotel Serbelloni di Bellagio con altre famiglie di sfollati. Nel frattempo la ditta di famiglia viene occupata dai nazisti. Il 13 ottobre 1943 Giulio è arrestato dai nazifascisti e condotto nelle scuole di via Pignolo a Bergamo, dove viene interrogato; trasferito alle carceri giudiziarie di Bergamo, Carcere di S. Agata, viene processato con l'accusa di favoreggiamento della lotta partigiana, per aver procurato denaro, incoraggiato e fornito viveri, munizioni e armi ai partigiani lecchesi in Grigna. Condannato a tre anni di reclusione, da scontarsi dal 10 novembre 1943 al 9 novembre 1946, viene tradotto alle carceri militari di Verona del Forte di S. Mattia e poi deportato in Germania, dapprima a Monaco e il 25 gennaio 1944 nel carcere di Kaisheim, presso Donauwörth, in Bassa Baviera. La prigionia di Fiocchi è il prezzo da pagare ai comandi tedeschi che propongono la libertà di Giulio in cambio del trasferimento della fabbrica di armi e munizioni Fiocchi in Trentino, proposta rifiutata dallo stesso Giulio e dal fratello Carlo, presidente della società. A Kaisheim rimane fino all'arrivo degli americani e al rilascio dal campo avvenuto 18 maggio 1945. Torna a Bellagio il 3 giugno 1945. Nel dopoguerra, copre diversi impegni di volontariato come avvocato e presidente della sezione di Lecco dell'Associazione nazionale combattenti e reduci, occupandosi anche della ditta di famiglia, di cui è comproprietario. Muore a Milano il 21 gennaio 1973. La documentazione è conservata presso l'Istituto nazionala per la storia del movimento di liberazione in Italia di Milano.
I documenti allegati sono tratti dal carteggio familiare intercorso tra Giulio Fiocchi, la madre Giuseppina Cantù e il padre Giulio Fiocchi, da lettere di amici e conoscenti e da documenti militari. Nella lettera al padre Giulio, Fiocchi relaziona sulla battaglia del Podgora del 26-27 marzo 1916, mentre nella lettera di Piero Guidali a Fiocchi (31 luglio 1916) si narra la diserzione di cinque soldati austriaci.

lettera di Giuseppina Cantù Fiocchi al figlio Giulio Fiocchi
Women
Lettera al figlio in cui si narra del lavoro svolto in casa per provvedere ai bisogni dei soldati e si raccomanda al figlio di diffidare dei nemici anche se feriti.
Letter
Giuseppina Cantù Fiocchi, Lecco
Lecco
Lettera di Giuseppina Cantù Fiocchi al figlio Giulio Fiocchi
lettera al figlio in cui si racconta l'attività delle donne per provvedere alle necessità dei soldati al fronte.
Giuseppina Cantù Fiocchi
non individuati
Official document
Distinta dei pezzi occorrenti per comporre una baracca
Elenco dei materiali necessari per costruire una baracca
non individuato
non individuato il luogo
Verbale di consegna
Verbale di consegna compilato in occasione del passaggio di comando della 12ª Compagnia dal tenente Giulio Fiocchi al capitano Nunzio Laspada.
battaglia del monte Podgora, 26-27 marzo 1916
zona di guerra
Lettera di Giulio Fiocchi al padre Giulio
Lettera di Giulio Fiocchi al padre Giulio nella quale si descrive la battaglia del monte Podgora del 26-27 marzo 1916
Lettera di Piero Guidali a Giulio Fiocchi in cui si descrive la diserzione di cinque soldati austriaci.
Lettera di Piero Guidali a Giulio Fiocchi, 31 luglio 1916
Lettera di Filippo Cesaris e don Luigi Cavagnis a Giulio Fiocchi
Letera in cui si dà notizia di numerosi caduti e feriti.
luogo non individuato
magg. Crimi
Ordine del giorno con indicazioni relative a riunioni e punizioni
Deposito 8ª Fanteria II Battaglione di marcia: Ordine del giorno 10 novembre 1917
Verbale di consegna del comando della 5ª Compagnia del 269 Regg. da parte del cap. Giulio Fiocchi al cap. Aldo Varvelli.
Verbale di consegna del Comando dal cap. Giulio Fiocchi al cap. Aldo Varvelli

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CONTRIBUTOR

Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia

DATE

1915-06 - 1918-11

LANGUAGE

ita

ITEMS

33

INSTITUTION

Europeana 1914-1918

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METADATA

Creator

Giuseppina Cantù Fiocchi
Giuseppina Cantù Fiocchi
anonimo
Giulio Fiocchi e Nunzio Laspada
Giulio Fiocchi
Piero Guidali
Filippo Cesaris e Luigi Cavagnis Filippo Cesaris e Luigi Cavagnis
/ magg. Crimi
Giulio Fiocchi e Aldo Varvelli Giulio Fiocchi e Aldo Varvelli

Source

UGC

Contributor

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Date

1915-06
1918-11

Type

Story

Language

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Italiano

Country

Europe

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Europeana 1914-1918

Provider

Europeana 1914-1918

DatasetName

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Begin

1915-06

End

1918-11

Language

mul

Agent

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1918-05-01
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INTERNET

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Memoria della Grande Guerra

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Sono partito per la guerra a 22 anni, dopo un anno di addestramento. Ero contento...Anca se no se parte contenti, bisogna partir lo stesso: mejo partir contenti... Dovevamo conquistare i territori italiani. Gli austriaci erano disposti a darci Trento e Trieste, senza combattere, per accorciare il fronte...A voce, però. Gli italiani non ci credevano, infatti gli austriaci erano lì che ci aspettavano. Io ero caporale d'artiglieria: sparavo con la bombarde. Ho combattuto a Gorizia, a Santa Gorizia! Era una guerra di trincea, però io combattevo in seconda linea. Nella prima linea c'erano i fucilieri. Loro partivano con la baionetta innestata gridando: Savoia e combattevano corpo a corpo. I era imbriaghi...Prima dell'assalto i ghe dea un litro de cognac... Pensavo: Me cope, pitost che me mande là!. Nei primi tempi abbiamo adoperato il gas, ma poi è stato abolito perchè uccideva anche i civili. Da principio, reggimenti interi disertavano e passavano al nemico, ma questo è cessato quando il nostro governo ha incominciato le decimazioni. I ne metea tuti in fila...7..8..9..fora! I li metea sentadi su 'na carega e...fuoco! Cossa che me ha tocà veder... Un giorno sono là, con tre compagni, in una piazzuola; disteso all'ombra dei pini. Vengono avanti due soldati con altri due ammanettati. Dove 'ndeo? 'nden a farghe la festa. Erano disertori. Li hanno fucilati. Al paese, sulle porte delle loro case, scrivevano TRADITORI. Le loro famiglie venivano perseguitate e spesso le loro case bruciate. Al fronte, le cose più terribili sono state la fame e la sete. Acqua ce n'era ma i fossi erano rossi dal sangue e bisognava andare ad attingerla ad un pozzo lontano. Un giorno sono andato al pozzo con la gavetta e le borracce. Ho preso un sasso, l'ho legato al collo della gavetta e l'ho calata giù. Sono venuti su dal pendio due soldati ungheresi per attingere acqua anche loro. Mi hanno chiesto se prestavo loro la gavetta. Quando che vee finì ghe dee a lori...Se parlea insieme...ono taliano. Così abbiamo riempito tutte le borracce e...via! Se se volea ben parchè noialtri no se ghe vea fat gnent a lori, e lori no i ne vea fat gnent a noialtri. Come soldadi se era come fradei. Abbiamo patito tanta fame: siamo stati quattro o cinque giorni senza mangiare, senza rifornimenti. Ci dicevano di risparmiare la galletta ma solo a sentirne l'odore se 'ndea in afano. Un giorno andiamo in due sull'Isonzo, dove c'erano le cucine, a prendere da mangiare con la marmitta infilata sul fucile. Arriviamo sulla strada che porta a Redipuglia. Usciamo allo scoperto e gli austriaci ci vedono e cominciano a sparare. Salta fuori un capitano italiano con la rivoltella: Vigliacchi, ci fate ammazzare tutti!. Ciapa 'na corsa..Zo la marmita..Rebalta fora tut.. Il giorno dopo sono andato a raccogliere i pezzetti di carne e li ho mangiati così com'erano. Eh! La guerra è brutta!!! Non c'era un metro di terreno dove non fosse scoppiata una bomba. Dopo l'assalto i feriti rimanevano sotto i reticolati. Urlavano giorno e notte finchè morivano dissanguati. Noi cercavamo di tirarli verso le nostre trincee usando pezzi di spago. Qualche volta il nostro tentativo riusciva ma, spesso, i reticolati dilaniavano i nostri compagni che arrivavano nella trincea peggio di prima. Un giorno, mentre scendevo dall'osservatorio per andare al ricovero, è caduta una bombarda che ha portato via il pezzo di artiglieria. Io sono rimasto lì, ferito, con una gamba rotta. Sono venuti a prendermi due miei amici di Castelfranco. C'era un grun di morti perchè continuavano a bombardare. Se non mi avessero portato via subito, sarei rimasto lì. Mi hanno portato all'ospedaletto da campio, poi mi hanno trasferito a Milano e a Firenze. Intanto i nostri hanno perso a Caporetto; il generale Cappello ci ha tradito andando d'accordo con i tedeschi. L'ha ciapà la mandola, ha ritirato i soldati di prima linea e i tedeschi sono venuti avanti. Perbacco se è vero!!! Sono arrivati fino al Piave. La mia famiglia è stata invasa. In ospedale è venuto a trovarci Sua Maestà il re, che l'era picenin poret, e 'l me fea pecà. Mi fa: Sai niente della tua famiglia? Non so niente, Maestà Stanno tutti bene. Il re sapeva questo perchè qui a San Vendemiano c'era un certo Camillo De Carlo che faceva la spia e aveva detto che il tiro dei cannoni del Piave non arrivava fino a qui. Egli passava le linee di notte e poi, vestito da vecchio mendicante, si aggirava in mezzo ai tedeschi. Quando andava dai suoi mezzedri a chiedere una scudea de fasoi, essi stessi non lo riconoscevano. Si metteva d'accordo con le donne che stendessero il bucato in un certo modo: ciò indicava agli aerei italiani la posizione degli austriaci. Eh! è stata lunga la guerra!!! Quando abbiamo saputo che era finita ven fat baldoria..imbriaghi tuti..rancio speciale.. Per la mia ferita mi hano dato la medaglia e la pensione (dopo aver sostenuto una visita di controllo a Roma). Le medaglie sono lì, appese, perchè tutti le guardino. Guardatele anche voi!!! Perbacco se sono contento di averle!!! LA GUERA L'E': FAME E COPAR. CHE NO GHEN VEGNE PI', MADONNA, GUERE!!!! || Questa è la memoria del mio bisnonno, di S. Vendemiano (TV), raccolta quando aveva 86 anni e conservata dalla famiglia. Nella speranza che la sua storia possa continuare a vivere in chi la legge e che, insieme a tutte le altre testimonianze, ci ricordi quale atrocità sia la guerra... || || Recruitment and Conscription || 45.8911895,12.326722700000005 || Women || Military Punishment || Mario Giacuzzo || Trench Life || Interview || || Interview || Mario Giacuzzo || 45.8911895,12.326722700000005

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La slitta della Grande Guerra

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Il testimone, Emiliano Ceolato, presenta una slitta risalente alla Grande Guerra. Trainata dai cani, essa fu utilizzata sul Pasubio dal soldato semplice Piazza Domenico (reparto degli Alpini) per trasportare granate e barili d’acqua alle trincee della prima linea sul Monte Pasubio. E' stata custodita per molti anni in un granaio e poi restaurata dal testimone stesso.

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«La Grande Guerra della mia famiglia»

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Ricordi di storie di famiglia legate al conflitto. || «La Grande Guerra» < Va maledetto ’15 in rovina, nel più profondo inferno in cui sei nato; anno di pianto e di carneficina…> Ecco alcuni ricordi di mio padre Gino che, prima come motociclista ed in seguito come Caporalmaggiore nella 34° Colonna Munizioni della “Invitta” Terza Armata posta al comando del Duca di Aosta, prese parte alla prima guerra mondiale. Non amava toccare questo argomento che evidentemente lo aveva segnato in maniera indelebile, ma talvolta mi raccontava di come per tutta la durata del conflitto inviasse a casa molto spesso le speciali cartoline postali militari su cui era solito scrivere semplicemente: “Salute ottima, morale altissimo”. Nel periodo in cui era motociclista, riportò per ben due volte una frattura ad una gamba nel corso di missioni notturne a causa della scarsa visibilità fornita dai fari ad acetilene ed del pessimo stato delle strade malamente dissestate e costellate di profondi crateri prodotti dai proiettili dell’artiglieria pesante nemica. Guidava le belle moto sidecar Harley Davison con trasmissione a cinghia. Talvolta era costretto a rischiare la propria incolumità in quanto inviato in missioni “speciali”, ad esempio portava le lettere di un ufficiale ad una qualche crocerossina che prestava servizio in uno degli ospedali da campo nelle retrovie…. Prestò servizio anche come autista dell’amico ufficiale conte Giulio Masetti da Bagnano, anch’egli fiorentino e grande appassionato di motori (morirà in un tragico incidente durante la Targa Florio del 1926, corsa che aveva vinto nel 1921 e nel 1922, alla guida di una FIAT 15TER). Un loro frequente divertimento era il giungere a velocità moderata in prossimità dei numerosi posti di blocco effettuati dai carabinieri lungo le strade sterrate a ridosso del fronte per poi improvvisamente : – Ora Gino, vaiii !! - accelerare di colpo, lasciando sul posto i militari di servizio letteralmente ricoperti da una fitta nuvola di polvere! Ma quando mi raccontava della rotta del nostro esercito successiva allo sfondamento di Caporetto io rimanevo letteralmente sbalordito e nella mia fantasia immaginavo quelle ore terribili: le strade completamente intasate dai mezzi più svariati, carriaggi militari e civili frammisti, automezzi di tutti i tipi, cavalli e muli terrorizzati che non volevano più procedere e che dovevano esser spinti con i paraurti dei camion per liberare la strada, le urla, il buio, la pioggia incessante, il freddo, i nemici alle calcagna che non davano mai sosta ! Una notte addirittura i tedeschi erano a ridosso della colonna di cui faceva parte. Un ponte di grande importanza era ormai indifendibile ed il nemico troppo vicino. Vide un lampo abbagliante, poi udì un gigantesco boato e vide volare per aria carri, cavalli, uomini …. quel ponte su cui era passato qualche minuto prima era stato fatto saltare in aria dai nostri genieri con tutto ciò che vi transitava sopra. Per fortuna mio padre era già passato sulla sponda opposta. Le sue doti di coraggio, serietà ed abnegazione nel servizio, gli valsero la Croce al Merito di Guerra. Per circa due anni, 1917 e 1918, mia nonna, mia madre e mia zia Maria furono ospiti del nonno Pietro Verber che abitava a Firenze in via Cimabue, proprio accanto al villino del notissimo e stravagante drammaturgo e commediografo Augusto Novelli. Fu senz’altro un periodo assai difficile e doloroso per mia nonna e le figlie Maria e Margherita. Oltre ai disagi che la guerra aveva arrecato a tutti, in particolare a mia nonna sfiancata dai lunghi orari trascorsi in qualità di infermiera all'ospedale militare di Castello, da molto tempo non si avevano notizie dello zio Giovanni, fratello di mia madre, ufficiale di artiglieria proprio sul fronte carsico, travolto alla fine di ottobre del 1917 dallo sfondamento nemico a Caporetto. Dopo mesi e mesi di angoscioso silenzio, alcuni amici di famiglia consigliarono alla nonna di recarsi ad interrogare una suora famosa per la sua veggenza. La visita dette buoni frutti. La religiosa rispose subito che lo zio era vivo, ma ferito e che si trovava prigioniero e nella momentanea impossibilità di far avere sue notizie. Ben presto, a ogni buon conto, giunse finalmente una lettera dello zio Giovanni ed altre numerose ben presto ne seguirono. Ricordo ancora con commozione quando mia madre raccontava del ritorno a casa dello zio dalla prigionia. Mia nonna quel giorno si pettinava lentamente dinanzi alla toilette nel silenzio della sua camera e la luce del pomeriggio varcava prepotente le alte finestre del pianterreno rialzato che davano su via Cimabue. Anche il rumore di una carrozza che interrompeva la sua corsa proprio là davanti fece il suo ingresso nella stanza e la nonna, alzatasi dalla poltroncina, si diresse incuriosita verso la finestra. Giuntane in prossimità, la sua mano spostò lentamente i pizzi della tenda ed i suoi occhi caddero sulla carrozza e sul quel giovane uomo in divisa da ufficiale che si muoveva faticosamente appoggiandosi ad un bastone. Comprese subito il suo cuore che si trattava di suo figlio! Gli occhi rimasero sbarrati mentre la sua vista istintivamente si acuiva : - C’è Giovanni! Quei momenti belli ed indimenticabili la ripagavano per tutte le sofferenze passate! Il 4 novembre 1918, a tre anni e mezzo circa dall’inizio, ebbe finalmente termine per la nostra Nazione la Grande Guerra ed in ogni città, paese e villaggio d’Italia, accantonando per il momento le terribili sofferenze passate ed il dolore per i tanti fratelli scomparsi o gravemente feriti, esplosero irrefrenabili i festeggiamenti per la tanto agognata ed attesa Vittoria! Lo zio Giovanni, già rientrato dalla prigionia, quel giorno si trovava a Firenze nell’attuale piazza della Repubblica, allora piazza Vittorio Emanuele, nella sua divisa di tenente e sostenendosi col bastone per le ferite ancora fresche alle gambe. La notizia dell’avvenuto armistizio si sparse immediatamente e, mentre le campane di tutte le chiese suonavano festose e la città era tutta un tricolore, l’enorme folla impazzita di gioia sollevò lo zio che assisteva in disparte assai commosso, portandolo in trionfo come segno di riconoscenza per coloro che avevano così tanto sofferto. In Firenze i festeggiamenti ebbero luogo anche al teatro della Pergola dove mia madre Margherita ed altre giovanette, allieve delle suore francesi, si esibirono nell’esecuzione canora di tutti gli inni nazionali dei paesi alleati. Le squillanti note si susseguirono brillanti in mezzo ad un tripudio di luci, fiori, applausi e bandiere: da God save the King alla Marsigliese, dall’inno belga a quello russo e così via finché la Marcia Reale di Gobetti coronò la festa di quell’ indimenticabile giornata. Elio Baldi || || Recruitment and Conscription || Transport || Caporalmaggiore Gino Baldi nella Grande Guerra || Military Punishment || Caporalmaggiore Gino Baldi nella Grande Guerra 1915 || Photograph || || Gino Baldi nell' 84° Regg. Brigata Venezia nel 1909 || Recruitment and Conscription || Photograph || || Gino Baldi, nel 1915, foto di gruppo con i commilitoni || Transport || Photograph || || Photograph || Gino Baldi col 18BL in dotazione || Transport || || Photograph || Gino Baldi al parco automobilistico della 33a Colonna Munizioni || Transport || || Photograph || La guerra non fermò la passione per la caccia || Home Front || || Remembrance || Memorabilia || Decorazioni al Valor Militare del Caporalmaggiore Gino Baldi || Decorazioni al Valor Militare del Caporalmaggiore Gino Baldi nella Grande Guerra || || Memorabilia || Portasigarette, distintivi e scheggia che ferì Gino Baldi || Remembrance || || Book || Calendario del soldato 1917 || Trench Life || Home Front || || Postcard || Bollettino della Vittoria || || Diploma di concessione di Croce al Merito di Guerra || Transport || Official document || Remembrance

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